La psicoanalisi ha oggi oltre un secolo di vita ed è passata attraverso alcuni sviluppi cruciali sia nella teoria che nella pratica clinica. Ha anche ampliato il suo campo di indagine, per quanto riguarda i disturbi di cui si occupa e le nuove modalità terapeutiche.
La risposta più significativa della psicoanalisi teorica e clinica alle tragedie del Secolo Breve (Eric J. Hobsbawm, 1994) è l’attenzione per il trauma, ritenuto da molti il fenomeno che più incisivamente riassume il carattere del secolo. Tale preminenza è dovuta non solo alle sue conseguenze sull’individuo, ma anche all’impatto collettivo che ha avuto sulle società e sulle generazioni che si sono susseguite. E’ evidente che la teoria psicoanalitica del trauma, e la sua risoluzione ha incontrato particolari urgenze e si è concentrata sui disastri che hanno colpito l’umanità nel XX secolo.
La teoria del trauma, a lungo eclissata dalla teoria delle pulsioni, ha ripreso nuovo vigore, ed è adesso oggetto di studi e revisioni continue.
Le teorie psicoanalitiche del trauma si sono evolute in base a due modelli ben precisi, quello energetico e quello basato sulla teoria delle relazioni oggettuali. Io utilizzerò entrambi i modelli, perché contribuiscono a uscire da un’altra contrapposizione, più subdola. Ovvero la divisione tra chi è più incline a considerare il trauma in riferimento agli effetti di un evento oggettivamente accaduto e grave che impatta sull’integrità psicofisica del soggetto, e chi invece propone una riformulazione del trauma in termini evolutivi relazionali, appunto, come espressione di un deficit di elaborazione emotiva di un evento stressante. Quest’ultima proposta riconsidera il trauma psichico tenendo conto della teoria dell’attachment (un attaccamento primario insicuro ovvero la privazione nell’infante di quello che possiamo considerare un sostegno sufficientemente valido per comprendere le relazioni interpersonali e sviluppare quel livello di autostima indispensabile allo sviluppo del Sé), degli studi dell’infant research, (esperienze croniche di maltrattamento hanno effetti negativi sulle aree di funzionamento del bambino, come una mancata regolazione del Sé, difficoltà a comunicare desideri e bisogni, alterazioni dello stato di coscienza, ecc. ecc.) e le recenti scoperte neurobiofisiologiche sul Sé e sulla sua natura relazionale.