Di questo film, tra i migliori del regista polacco, claustrofobico, asfissiante, che non risolve, non risponde ma domanda e pone problemi di moralità, vendetta, giustizia, caso, destino, vorrei occuparmi del tema musicale.

Mi dispiace non essere riuscita a trovare i riferimenti specifici , cioè se è vero che Polanski conoscesse nei dettagli il quartetto, ma immagino di sì. Credo infatti che non sia casuale la scelta del quartetto di Franz Schubert (op n. 14 in re minore) “La morte e la fanciulla” come filo conduttore delle contraddizioni e delle dissonanze nel film, elemento di incontro e di scontro, di armonia e di terrore.

Schubert eseguì per la prima volta il Quartetto nel 1826, nell’incomprensione generale del pubblico. Le caratteristiche non convenzionali del Quartetto erano rilevanti, da un punto di vista formale, ma non è questa la sede per parlarne. Era l’elaborazione di un suo Lied del 1817, su testo del poeta amburghese Matthias Claudius (1740 – 1815), Der Tod und das Mädchen.

Il tema della poesia “La morte e la fanciulla” ispira tutto il Quartetto come una riflessione sul senso della morte.

Il Quartetto ha un carattere drammatico, sottolineato dalla funebre tonalità di re minore, dal rapporto tra pieni e vuoti, dai piani sonori contrapposti tra con il massimo contrasto. Il quartetto esprime in generale un sentimento d’angoscia, riferita senza dubbio all’incontro della fanciulla con la Morte, come racconta la lirica di Claudius. L’impressione musicale, sonora, generale è di una inevitabilità quasi glaciale, implacabilmente sostenuta da un impulso ritmico insistente, la cosiddetta formula ritmica del destino comune anche a Beethoven

Il testo poetico e musicale intendeva mettere in luce il carattere galante e anche erotico del dialogo originario, che avviene in tedesco tra un uomo (der Tod) e una fanciulla ancora vergine (das Mädchen). Nel complesso, dunque, il Quartetto rappresenta una sorta di trama, nella quale sono rappresentati i diversi episodi della poesia originaria: la paura della fanciulla di morire giovane (Allegro), la figura della Morte (Andante con moto), il corteggiamento della fanciulla (Scherzo) e infine la grottesca conclusione (Presto), che lascia intuire come la Morte abbia raggiunto in definitiva il suo osceno scopo.

Anche nel film si assiste ad un corteggiamento osceno con la morte, che la protagonista ripete all’incontrario rispetto alla sua esperienza originaria di vittima, dopo l’incontro con il suo torturatore. Ma alla fine, quando sceglie di non dare la morte, spezza la sua vicenda traumatofilica, la ripetizione all’infinito del trauma subito, si libera ed introducendo la libertà della scelta ( di non rispondere al corteggiamento della morte) si può permettere di tornare ad ascoltare la musica come puro godimento sensoriale e fonte catartica.

Se posso vorrei aggiungere un’ultima notazione musicale colta:

La presenza di variazioni su un tema all’interno di una forma classica è modello musicale molto diffuso nella musica del primo Ottocento, e assume un valore particolare nell’opera di Schubert. Nel Quartetto in re minore, “La morte e la fanciulla” la novità consiste nel fatto che il tema delle variazioni proviene dalla sua stessa musica, cioè il lied precedente, nonché altre danze tedesche. In Schubert l’autocitazione diventa elemento poetico, ma anche vagamente claustrofobico, strumento di costruzione di quel mondo labirintico, rivolto in se stesso, nel quale il musicista stava rinchiudendosi a poco a poco.

Riporto quest’ultimo commento perché credo che anche questo elemento abbia a che fare con il tema dominante del film. Continuando a sviluppare sempre lo stesso tema, ci si consuma. Introducendo nuovi spunti creativi, ci si libera. E infatti Schubert , e a sua volta Polanski viaggiano e ci fanno viaggiare verso la libertà quando introducono continuamente nuovi e potenti temi poetici e musicali nelle loro opere.


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