Si è svolto a Città del Messico dal 3 al 6 agosto 2011 il 47esimo congresso dell’IPA, dal titolo “Sessualità, Sogni e Inconscio”. Il congresso era dedicato all’esplorazione dei “fondamentali”, i “core concepts” della psicoanalisi, con l’intenzione di rivisitarli per sviluppare una maggiore chiarezza clinica e teorica, secondo i differenti modelli teorici (Freudiani, Kleiniani, Bioniani,) ma anche regionali (nord e sud americani, inglesi, francesi)
Uno degli obiettivi di questa verifica implicava anche valutare se i necessari chiarimenti o integrazioni teoriche potessero svilupparsi esclusivamente all’interno della comunità psicoanalitica oppure se nuovi sviluppi della psicoanalisi potessero anche dipendere dallo scambio con il mondo scientifico esterno e con la società circostante.
Per quello che riguarda il tema principale del congresso e il suo svolgimento rimando al report scritto per la Rivista di Psicoanalisi e che apparirà sul prossimo numero della Rivista. Qui mi limiterò a illustrare e sviluppare più a fondo le considerazioni finale (il panel conclusivo) di un congresso internazionale interessante e particolare, per le ragioni che cercherò di esporre qui sotto.
La partecipazione al Congresso, piuttosto limitata come numero di membri IPA, (erano presenti circa mille partecipanti IPA) è stata vivacizzata dalla presenza di un numero analogo di studenti di psichiatria e psicologia messicani, che avevano avuto accesso, a tariffa ridotta, al Congresso. La marcata riduzione della partecipazione dei soci era dovuta a numerose e ben note ragioni, innanzitutto la paura della crescente criminalità del Messico, che ha tenuto lontani soprattutto i francesi e i nord Americani, poi la crisi economica, che rende sempre più difficile per i membri delle varie Società affrontare i costi di un Congresso Internazionale, sommati ai già elevati costi societari IPA e locali, in un periodo di diminuzione degli introiti dell’attività privata per effetto della crisi economica internazionale. Inoltre il progressivo invecchiamento della popolazione degli analisti rende difficile per alcuni soci spostamenti così faticosi. Su questi ultimi due problemi, la crisi economica e il progressivo invecchiamento dei soci IPA vi sono stati panels interessanti e molto seguiti.
Il Congresso è sembrato, a chi scrive, segnare un momento di passaggio da una concezione a un’altra della psicoanalisi, e proverò a descrivere questi movimenti.
Giuseppe Civitarese, che secondo il parere di chi scrive e di molti altri ha presentato una delle relazioni più ricche, meditate e apprezzate del Congresso, nel panel su L’inconscio, lo descrive come: “….Non solo quello che interferisce nel discorso conscio, ma …ciò che è sempre presente anche alla sua superficie.”. Così “Coscienza e inconscio finiscono per essere due vertici diversi da cui osservare uno stesso fenomeno psichico”.Jorge Maldonado, invece preferisce insistere su di un modello consolidato, nel quale “la situazione analitica è fatta per facilitare le comunicazioni tra l’inconscio dell’analizzato, governato dai processi primari e qualcuno che risponde attraverso i processi secondari” E allora che fine fa in questo modello la comunicazione diretta tra i due inconsci, quello dell’analizzando e quello dell’analista? E “L’interscambio osmotico e fluido, per cui l’inconscio non si trova dietro o sotto, ma dentro il conscio, e l’inconscio diventa un insieme di processi di creazione del senso. ..che si sviluppa dalla relazione primaria con l’oggetto.”? (Civitarese, ibid.)
E in tale modello, dove si collocherebbero i tre tipi d’inconscio descritti da Werner Bohleber? “1) l’inconscio dinamico, che è non solo la sede del rimosso, come lo intendeva Freud, ma soprattutto il luogo delle fantasie inconsce, che organizzano la realtà psichica. 2) l’inconscio non represso, l’esperienza non-formulata, al centro dei più recenti studi psicoanalitici. 3) e infine l’inconscio creativo, processo simbolico che genera significati e fornisce al mondo esterno metafore e linguaggio poetico.” (Bohleber, ibid.)
Anche nel panel sulla Sessualità si assisteva, a mio avviso, alla presentazione di differenti modelli, che rimanevano tra loro in un rapporto scarsamente dialettico, in qualche modo inadeguati a integrare le ricchezze concettuali e le nuove vicende clinicheprovenienti dalle diverse realtà. Per Bjorn Salomonsson, molto attento a distinguere tra sessualità adulta e infantile, e che ha presentato un contributo interessante e originale, la sessualità adulta non è un fenomeno clinico fondamentale, mentre quella infantile rimane un centrale “traffico enigmatico” in ogni situazione analitica. (Riprendendo, senza saperlo, il nucleo fondamentale dell’intervento al congresso della FEP di Londra di Anna Ferruta). Per Luis Kancyper invece la sessualità rimane lo shibbolet che distingue la psicoanalisi dalle altre discipline, guida l’ascolto analitico, ed è sempre presente nelle interazioni umane, anche se occorre distinguere in analisi tra transfert erotico e transfert fraterno. Quest’ultimo è un transfert sublimato positivo nel quale predominano i costituenti affettivi della libido. Per Nancy Kulish la sessualità adulta e infantile rimane un’esperienza disturbante e misteriosa che deve essere assolutamente analizzata nelle sue potenzialità creative come in quelle distruttive. Come vedete, tre modelli, tre concettualizzazioni interessanti, ma in qualche modo opposte tra loro, che non sono riuscite a dialogare.
La domanda fondamentale mossa da Marianne Leuzingher Bohleber a tutti i partecipanti ai tre panels nella sessione plenaria conclusiva riassumeva un po’ i miei dubbi e le mie perplessità: “Cosa pensate di questo dibattito? E di queste questioni? Sentite la necessità di integrare le vostre differenti posizioni teoriche con i nuovi contributi ascoltati, oppure ritenete che tale tentativo possa condurre al rischio di perdere la ricchezza concettuale e scientifica delle diverse culture psicoanalitiche e delle differenze locali e nazionali?”.
Io credo che queste siano le domande che sempre ci si debba porre dopo un congresso, cioè se la partecipazione e l’ascolto a dibattiti teorici, presentazioni cliniche e scoperte scientifiche, abbia portato qualche modifica alle nostre precedenti posizioni teoriche e cliniche. Cosa caratterizza, in altre parole, l’aggiornamento scientifico nel nostro campo? La crescita della psicoanalisi? Lo scambio con altri colleghi?
Più in dettaglio, in questo Congresso c’era tra i partecipanti il desiderio di verificare quanto e come fossero mutati i “fondamentali” della psicoanalisi.
A tale riguardo l’intervento di Nino Ferro al panel conclusivo, in risposta a Marianne Leuzingher, merita di essere citato per intero per la sua concisione e precisione fulminante (se mi concedete la battuta, una volta letto l’intervento).
Come accennato all’inizio, questo Congresso ha visto la partecipazione di un folto numero di studenti, i cui interventi, soprattutto nei gruppi di discussione, hanno vivacizzato il dibattito e spinto i relatori a meglio chiarire i loro interventi. Durante un panel di cui Nino Ferro era presidente, di fronte a un suo intervento che citava gli elementi alfa, uno studente gli aveva chiesto se per sviluppare la funzione alfa occorresse l’elettricità. Nino Ferro, riprendendo questa domanda, e definendola brillante, affermava che così “ci veniva posto il problema di come poter sviluppare i nostri strumenti per pensare e che questo poteva solamente avvenire se fossimo stati capaci di usare quella elettricità, quella differenza di potenziale che nasceva da una serie di oscillazioni tra diversi punti di vista” ovvero:
“1) I legami che abbiamo tra Inconscio e Sogni. Possiamo osservare questo in entrambe le direzioni: il sogno come la chiave per raggiungere l’Inconscio ma anche il sogno che crea continuamente l’Inconscio attraverso il lavoro del “dreaming ensamble” .
2) i legami che abbiamo tra la teoria del campo, le teorie relazionali forti, gli enactments, le self disclosures e il bisogno di confini nei riguardi di un eccesso di soggettività
3) i legami tra la nostra storia con le sue radici profonde e il nostro bisogno di futuro: essere orgogliosi di quanto abbiamo scoperto, essere attoniti rispetto i nuovi mondi che i nostri strumenti aprono continuamente.
4)i legami tra un punto di vista che mette a fuoco i contenuti, la storia, l’infanzia, la sessualità e un altro che mette a fuoco il lavoro per espandere i nostri strumenti per‘sognare sogni non pensati’,per le trasformazioni in sogno, per vivere le sedute come un sogno, da beta ad alfa, sognare l’analisi, considerare la sessualità come indice di relazionalità tra le menti.
In queste oscillazioni creiamo quella vitale elettricità che ci è necessaria per andare avanti sviluppando sulle spalle degli antenati nuove teorie. Più noi conosciamo più abbiamo da scoprire e costruire (in tre parole): come alfabetizzare ‘’O”.” (Nino Ferro, panel finale )
In sintesi, a me è sembrato che nonostante tutti gli sforzi, per la maggior parte dei colleghi rimane più facile attenersi a concetti tradizionali, e trovarne conferma a livello locale, o per usare la metafora di Ferro la differenza di potenziale nell’IPA non è tale da permettere il passaggio dell’elettricità, cioè lo scambio fluido e osmotico tra pensieri teorici differenti, l’accoglienza delle nuove situazioni cliniche, l’utilizzo di queste nuove realtà cliniche per elaborazione di nuovi modelli teorici, o almeno delle trasformazioni ed integrazioni di teorie precedenti. Ciononostante, alcuni interventi, come spero di essere riuscita a illustrare sono apparsi più di frontiera di altri, più interlocutori, più moderni, se mi concedete questa parola. Rimane sempre molto utile partecipare ai congressi internazionali, proprio per non restare imprigionati in una dimensione sterile di autoreferenzialità. Infine, a postilla di questo commento voglio ricordare innanzitutto come quest’anno la partecipazione di nuove realtà geografiche (Cina, India, e anche numerosi paesi dell’America Latina che normalmente non si incontrano ai Congressi) nonché degli studenti, abbia reso più vivace, in alcune circostanze, il dibattito in corso. Ed infine vorrei fare notare che in generale gli italiani hanno presentato relazioni ricche e interessanti, che hanno raccolto molti apprezzamenti e consensi, e sono stati citati a più riprese. Un’ulteriore conferma che l’elezione di Stefano Bolognini a presidente dell’IPA rappresenta anche il riconoscimento di una realtà psicoanalitica italiana dinamica e diventata per molti uno dei modelli di riferimento culturale e scientifico. Basti ricordare che quest’anno il premioTyson,dedicato al migliore lavoro clinico e non pubblicato scritto da un candidato IPA è andato alla nostra Anna Daniela Linciano, per il paper “To act and to enact, this is not a problem”.
Per non dire che l’IPA “non è un paese per giovani”, come purtroppo è apparso dalla ricerca “Map of ageing” commissionata dalla presidenza dell’IPA per studiare il fenomeno dell’invecchiamento della comunità analitica nel suo complesso, inclusi i candidati, che sono sempre più anziani. Anche questo fatto, in parte, richiederebbe un’illuminante, elettrica attivazione della funzione alfa gruppale, per affrontare il fenomeno che l’invecchiamento degli analisti, dei didatti, dei candidati e dei pazienti avrà sulle Società psicoanalitiche e sulla trasmissione della psicoanalisi alle generazioni future.
Traumi massivi
Questo lavoro descrive la terapia analitica di due pazienti che sono state vittime direttamente e/o attraverso i loro genitori, di traumi collegati a tragedie collettive.
Il punto di vista che vorremmo proporre riguarda la specificità del lavoro analitico e teorico svolto con questi due pazienti. Queste pazienti sono stati studiati e discussi in un piccolo gruppo di lavoro, nato dall’ipotesi che l’elaborazione delle tragedie collettive richiede l’attivazione di una funzione gruppale specifica, che sappia attivare una mente e una memoria gruppale tale da superare il singolo traumatismo individuale.
Sebbene questi aspetti siano peculiari di molte patologie traumatiche, noi riteniamo che i lutti e i traumi collegati alle tragedie collettive abbiano bisogno specificatamente di una funzione gruppale in grado di contenerli, e di un apparato per pensare condiviso tra più menti.
La paziente ricostruzione dei traumi cumulativi di queste pazienti in analisi favorisce le trasformazioni di esperienze emotive da vicende traumatiche non-mentalizzate a emozioni capaci di sostenere una loro rappresentazione mentale, da stati emotivi insopportabili a esperienze rappresentabili, raffigurabili e condivisibili.
Le funzioni che abbiamo sviluppato, e che desidereremmo proporre all’attenzione dei colleghi riguardano:
- si tratta di esperienze che non accedono alla simbolizzazione e restano nell’ambito della non-pensabilità
- sono esperienze che implicano la dimensione del transgenerazionale
- sono esperienze che riguardano anche il legame orizzontale di appartenenza del soggetto al gruppo dei fratelli.